mercoledì 25 maggio 2016

Il cineasta giapponese di culto che ha ispirato Darren Aronofsky

Il lavoro del ribelle degli anime Satoshi Kon si è fatto strada tra innumerevoli altri film che hanno reinterpretato il suo stile inimitabile.


Di Alex Denney

Cinque anni fa, il Cinema ha perso uno dei suoi più sublimi talenti visivi. Satoshi Kon, appena 46 anni quando morì per cancro al pancreas nel 2010, era un vero originale i cui film sondarono i confini della realtà e delinearono con spaventosa accuratezza l'impatto di una società tecnologica sulla psiche umana. Senza il suo lavoro, Neo potrebbe non aver mai preso la pillola rossa, e l'ondata post-Matrix di film Hollywoodiani che trattavano la realtà soggettiva - Fight Club, Inception, Requiem for a Dream - potrebbero non esser mai ruzzolati fuori dalla tana del bian coniglio sui nostri schermi. Quindi perché non vediamo più tributi alla sua arte?

La scena della vasca da bagno in "Requiem for a Dream" rassomiglia esattamente la stessa scena in "Perfect Blue"
La risposta risiede in parte nel fatto che Kon - una volta apprendista del regista di Akira Katsuhiro Otomo - era un animatore i cui temi marcatamente adulti non furono apprezzati immediatamente dai pubblici occidentali condizionati a pensare all'animazione come settore orientato alle famiglie. Ma era animazione, con le sue infinite possibilità di innovazione visiva, che consentì al genio di Kon come montatore di risplendere. “(I film di Kon erano) su come le persone moderne se la cavano nel condurre molteplici vite - privata e pubblica, sullo schermo e fuori di esso, veglia e sogno,” dice Tony Zhou in Editing Space and Time, un breve documentario sullo stile di montaggio di cui faceva sfoggio Kon, che si introduceva direttamente nei suoi temi riguardo alla nostra sempre più atomizzata esistenza nell'era dei media.  “Nell'animazione, c'è solo ciò che si vuole comunicare” disse Kon, spiegando la sua preferenza per la forma sui film dal vivo. “Se io avessi la possibilità di montare film dal vivo, sarebbero troppo veloci da seguire per il pubblico.”

Nessuno dei lavori di Kon fu un gran successo al botteghino sia in patria in Giappone o all'estero, sebbene la sua relativamente snella opera - quattro film, una serie televisiva di 13 episodi - gli guadagnò un fervente seguito di culto durante la sua vita. Tra i fan del suo debutto, Perfect Blue del 1997, c'era il regista di Pi - il teorema del delirio Darren Aronofsky, che acquistò i diritti del film - un raggelante sconvolgente miscuglio meta di Hitchcock e Argento per la generazione post-internet - con un opzione per dirigere un remake dal vivo. Quel progetto non decollò mai, ma Aronofsky prese in prestito interamente la scena della vasca da bagno dal film di Kon per il suo film successivo, Requiem for a Dream (2000). 


Fu, comunque, un progetto che Aronofsky diresse quasi un decennio più tardi che ha la più stretta rassomiglianza con Perfect Blue. A seconda di quale angolo di internet vi capiti di frequentare, il Cigno Nero è o una brillante estrapolazione dei temi esplorati in Perfect Blue, o uno spudorato atto di furto. Per quelli che non l'hanno visto, Perfect Blue + la storia di un'irreprensibile cantante di un gruppo di ragazze diventata attrice la cui carriera sotto i riflettori inizia ad allentare la sua presa sulla realtà, mettendola in rotta di collisione con un doppelganger malvagio. Scambiate ‘cantante-diventata-attrice’ con ‘ballerina’, e le somiglianze con il film Aronofsky sono già evidenti. Aronofsky, che ha scritto un tributo a Kon in un nuovo libro di recente, ha negato di essere stato influenzato dal film al Philly Film Fest nel 2010: “Ci sono delle similarità tra i film, ma non ne è stato influenzato. È davvero venuto fuori dal Lago dei Cigni, volevamo drammatizzare il balletto, questo è perché è un po' altalenante, perché il balletto è grande e piccolo in un sacco di modi."


Il mettere in questione di Kon le assunzioni sottostanti ciò che chiamiamo 'realtà' in Perfect Blue prefigura anche la fantascienza altamente concettuale di Matrix.  Che i Wachowski abbiano visto il film di Kon o meno prima di sceneggiare il loro film è una questione controversa, ma certamente, i fratelli sono appassionati di manga per loro stessa ammissione, e le idee del film sul se e come costruisca il mondo attorno a noi risuonano profondamente con il punto di vista postmoderno di Perfect Blue sull'essere e sull'incertezza.. (In maniera interessante,Millennium Actress (2001) di Kon ha battuto sul tempo sia i Wachowski che Aronofsky nella sua storia d'amore attraverso le ere.) La visione di Perfect Blue di una realtà dinamica e in costante mutamento spunta in un altro tema del film: l'erosione di internet della privacy personale, un argomento a cui Kon in seguito ritornerà con Paprika (2006). Un surreale cyber Thriller riguardante il furto di una macchina che consitente all'utilizzatore di vedere i sogni delle persone, la premessa del film trova una evidente eco in Inception di Christopher Nolan (2010), un fatto che, ancora una volta, non ha eluso gli appassionati di anime dalla vista d'aquila.

Ma dove Nolan porta la sua caratteristica precisione adamantina in Inception, Paprika si lascian andare con il materiale in modi che Nolan non avrebbe mai potuto sognare (letteralmente) - i titoli di testa sono un tour de force d'immaginazione visiva, mentre la sequenza del sogno d'apertura vince comodamente in stranezza con la scena di combattimento sottosopra del corridoio di Inception.


E ancora, nonostante la sovrabbondanza di stile visivo, ci sono temi seri a lavoro qui. Niente nel lavoro di Kon è inserito a casaccio, non importa quanto stravagante. Prendete la sequenza della parata in Paprika, per esempio, i cui mostruosi convogli di samurai, bambole sinistre e frigoriferi ambulanti possono sembrare senza significato all'inesperto occhio occidentale “Quella fremente identità sembra molto ordinaria in Giappone, dove non si ha una religione assoluta come il Cristianesimo, ma molteplici dei e dee della natura ,” Kon disse al LA Times nel 2006. “(Per esempio), Io sono seduto a LA, rispondendo alle tue domande, ma nella mia mente, potrei ricordare il lavoro lasciato a Tokyo e chiedermi che cosa ci sarà oggi per pranzo. Altre persone non possono farne esperienza.”

“Non pensi che i sogni e internet siano simili?” dice la Dottoressa Atsuko Chiba, alter-ego dell'eroina eponima di Paprika, a un certo punto del film. “Sono entrambe aree dove la mente conscia repressa prende respiro.” Dato l'odierno clima di indignazione dei social media ed estremismo online, suona sinistramente preciso, specialmente per un film fatto prima di Facebook e Twitter.  Certo, parte della genialità di Kon è che, di pari passo con l'essere un brillante esteta, era un pensatore rigoroso che associava le sue immagini a un set cogente di temi. Prendete in considerazione questa citazione da un intervista rilasciata nel 2006 al Washington Post alla luce delle recenti rivelazione sul NSA e del governo che ficca il naso nelle nostre attività online: "Negli Stati Uniti così come in Giappone i dati dai computer vengono rubati molto frequentemente," diceva. “E c'è una riscrittura della nostra stessa mente, in un certo senso, perché ci vengono mostrate immagini ripetutamente e dettoci riguardo a nuovi prodotti, come qualcosa sia superiore a ciò che esisteva in precedenza. Quello imprime sulla mente certe immagini e pertanto influenzando le persone in quel modo - quello è il terrorismo a cui stavo pensando in Paprika."


Il film suscitò una standing ovation dopo la sua premiere al Festival del Cinema di Venezia, un trionfo critico all'altezza delle precedenti acclamazioni simili di Perfect Blue, Millennium Actress e del suo altro film animato, il meno apertamente lisergico Tokyo Godfathers. (La sua serie televisiva, Paranoia Agent, è descritta in modo promettente dal biografo di Kon Andrew Osmond come simile a  Twin Peaks e X-Files). Ugualmente, c'è una sensazione che Kon, un talento alla pari con artisti come Aronofsky e Nolan cosi come influenze come Terry Gilliam e David Lynch, non ha ancora ricevuto quanto gli spetta come regista.

Prima della sua morte, Kon scrisse una lunga, commovente lettera sulla progressione della sua malattia, e le sue paure che il suo ultimo film, una pellicola per bambini, non ce l'avrebbe mai fatta ad arrivare allo schermo.  Il progetto –  che potrebbe vedere la luce del giorno – era intitolato Dreaming Machine. Come titolo, sembra un giusto riassunto dei talenti dell'uomo.


TRADUZIONE a CURA di DAVIDE SCHIANO di COSCIA
ARTICOLO ORIGINALE: dazeddigital.com/

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